L'argomento green economy ci conduce istantaneamente all’agenda europea , con scadenze al 2030 che mirano a una drastica riduzione delle emissioni industriali e del consumo energetico tuttavia il contesto crea perplessità notevoli perchè questa transizione doveva creare nuove opportunità lavorative a basso impatto.
In buona sostanza gli obiettivi della green economy sono stati ristretti all’elettrificazione della mobilità come simbolo delle nuove direttive europee. Obiettivi diversi previsti dalla green economy che avrebbero voluto creare nuove opportunità di lavoro e affari su concetti come filiera corta, Km0, economia circolare, riciclo dei materiali tutte parole chiave che aprivano nuove prospettive per piccole e medie imprese.
Con il passare del tempo e con l'espansione del mercato la green economy sembra oggi più una strategia di comunicazione che una reale pratica produttiva e così, con l’aumentare delle adesioni al “green”, ogni azienda è diventata magicamente sostenibile.
Attualmente le strategie della green economy girano intorno a parole chiave ben manipolate come:
1) la CO2 trasformata nel nemico assoluto dell'Europa.
2) la plastica negli oceani con le fantastiche soluzioni europee adottate dalla Commissione europea che comprendono la decarbonizzazione e l’obbligo di tenere attaccato il tappo alle bottiglie di plastica.
3) Il riciclo per la produzione di materie prime seconde dove l'affare lo fanno solo le aziende e nulla torna ai cittadini.
Se poi si va all'analisi mondiale dei dati sulle emissioni di CO2 ci si rende conto che l’Italia contribuisce tra lo 0,85% e l’1,6% della CO₂ globale con una contrazione del 50% delle emissioni in 18 anni.
In tutto questo le emissioni di CO2 vengono controllate in Europa con grande sofferenza e sacrifici con i cittadini che si limitano con il riscaldamento in inverno mentre aziende come la cinese Baowu Steel emettono più CO₂ di intere Nazioni. Nei fatti numerosi dati mostrano che il 70% delle emissioni mondiali proviene da 100 aziende, la maggior parte delle quali cinesi. Che le emissioni di tutto il traffico delle automobili nel mondo è inferiore a quelle prodotte da solo 20 navi calcolando che il numero delle navi cargo che solcano i mari è di oltre 60.000 unità.
Plastica negli oceani e allora Fare Verde Provincia di Frosinone APS ci ha voluto vedere chiaro:
La plastica negli oceani è per il 90% rilasciata da circa 10 fiumi , e nessuno di essi è europeo.
Va bene la Green Economy come concetto per lo sviluppo sostenibile ma occorre un accordo globale per pianificare le emissioni che non si possono tradurre in sacrifici per alcune nazioni e guadagno per le altre.
L'economia circolare con i suoi 5 fondamenti (riduzione dei consumi, energie rinnovabili, rigenerazione urbana, economia circolare, mobilità a ridotte emissioni) deve diventare il punto nevralgico per lo sviluppo sostenibile partendo dall'economica, sociale ed ecologica per porre fine alla povertà, alle ineguaglianze e per costruire comunità pacifiche rispettose di diritti umani.
Fatto è ed è inconfutabile che la Green Economy se non sarà globale diventerà anti economica per le nazioni che l'hanno adottata visto che i costi per le produzioni non sono competitivi con chi non rispetta l'ambiente e la salute degli esseri umani.
Quindi la Green Economy deve uscire fuori da questo modo di fare distorto che somiglia sempre più ad una strategia di comunicazione trasformandosi finalmente nel modo per implementare processi produttivi più efficienti e rispettosi dell’ambiente che oltre a ridurre l’impronta ecologica, realizzano una riduzione dei consumi energetici e delle materie prime con conseguente diminuzione dei costi di produzione e smaltimento dei prodotti. La gestione corretta dei rifiuti e il loro riciclo devono creare opportunità di simbiosi industriale e collaborazione tra aziende che integrano materiali riciclati nei processi produttivi.
Solo così si potranno generare i cosiddetti “green jobs” e nuove figure professionali specializzate, come consulenti e tecnici per i nuovi impianti eco-sostenibili. Tuttavia non bastano, solo gli investimenti per impegnarsi nella transizione green ed infatti è indispensabile ripensare il modello degli affari ponendo come centralità il benessere collettivo e l’impatto ambientale, integrando in modo perfetto i processi produttivi innovativi con le politiche aziendali orientate alla sostenibilità.
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